mercoledì 2 giugno 2010

Quattro chiacchiere con un eroinomane e poi..?


«E l’eroina è come il sesso: dopo la prima volta non ti fermi più…» «Ma fare l’amore è più bello che fare sesso…» «Mmm, di amore non sono mai stato fortunato, ma di sesso…»
«Sei coccola…» «No, sono sincera…»
«Bon, io vado, ciao…» «Vai con dio…» «Non credo in dio…» «Allora vai con Marx…»
Quattro parole in croce o poco più sono bastate a donarmi il sorriso e la voglia di scriverci su qualcosa in questa notte dimenticata da dio… e da Marx… (Da notare che in questa congiura giudaico-capitalista dio ha la “d” piccola e Marx la “M” grande).
Un conoscersi meglio con sempre meno aspettative (rendimenti di scala decrescenti), notare che ogni volta che si bacia qualcuno torna la voglia di piangere, notare che ogni volta che si sta per baciare qualcuno ricorre la citazione di Jim Morrison sulla pioggia, sorridere, salutarsi ventimila volte al giorno sulle scale e nei corridoi del cons, credersi e non credersi, ma soprattutto credere di non credersi, e non sapere nulla. Feeling credo, credo e non credo, credo di non credere e credo di credere. Semplicemente intesa, che con altri non ho – e vorrei (come se vorrei), forse anche dovrei, avere…
Amore (anche se è insulso parlare di amore, ora non lo provo né posso provare per nessuno) è sempre verso ciò che non si ha, è sogno dell’inarrivabile, è speranza di un futuro insperabile ed in fondo sperato da tutti con tutto il cuore, è de-siderio cioè lontananza dalle stelle, sarà anche un’illusione per il tuo cinismo, Karlo, ma ci salva da questo mondo di merda, è un sorriso con una lacrima, è vivere un po’ per qualcosa, morire un po’ per la stessa cosa, ma soprattutto è volerla fottutamente quella cosa.

domenica 30 maggio 2010

La verità è che ho paura...

Cosa vuoi da me?
Messaggi contenenti messaggi.. subliminali..
Federica: “Vuole uscire con te, fattene una ragione..”. Ecco, io una ragione non ce l’ho, non riesco a farmela.
La verità è che ho paura.
Ho fottutamente paura.
Paura di un sacco di cose.
Paura dell’insuccesso prima di tutto, paura e ribrezzo verso i ragni ed altri insetti strani, paura di perdere qualcuno a cui tengo, paura di non farcela a fare tutto, paura che mi finiscano le sigarette, paura del bianco. Paura di che cavolo pensa Nadai di me, paura di dire quello che desidero a chi me lo potrebbe dare, paura di conoscere, paura di conoscermi, paura di innamorarmi, paura di fare del male e di fare del bene, paura di essere in ritardo, paura di dimenticare le chiavi di casa. Paura di rimanere da sola con qualcuno che conosco poco, paura di ammalarmi, paura di deludere, paura di venir delusa, paura che capiti qualcosa di storto a chi voglio bene, paura ad essere giudicata, paura a giudicarmi, paura ad essere al centro dell’attenzione. Paura e disagio nelle stazioni ferroviarie di notte, paura di dire le cose sbagliate per aiutare una persona, paura di lasciarmi influenzare e convincere da altri su cose che posso e devo decidere soltanto io, paura di perdermi qualcosa, paura di regalare un sorriso di troppo, paura di sprecare le mie lacrime, paura di capire tutto male, paura di perdere il treno. Paura di essere convinta di qualcosa, paura di provare qualcosa di vero.
E per fortuna non ho paura del buio, di Milano o delle fabbriche cinesi.
La verità è che ho paura. Ho fottutamente paura. Paura di un sacco di cose.
Ma dov’è finito il coraggio della paura?

lunedì 10 maggio 2010

Avventure di un bel sabato sera


Sarebbe potuto essere un sabato qualunque in queste sconfinanti lande goriziane. Ma non è stato così. Prima una cenetta a tre (donne), il solito esperimento, poi allo Zenzero, un Mojito e un quattro prosecchi per raggiungere quello stato di allegria fatale: ho ritrovato allora la voglia di parlare anche per dire cose non pseudo-intellettualoidi, e ridere per ogni cosa, al vedere Sanela distesa causa mal di testa su un divanetto sotto la pioggia. E il piacere nell’insegnare a fumare alla Fra, legare con tre Goriziani quasi trentenni e dopo una mezzora di conversazioni insussistenti, ritrovarsi in macchina con loro dirette allo Square, davanti a noi soltanto una notte di ballo scatenato. E chissà cos’altro… Ironia della sorte: beccare in loco anche Nicola, Luca e Alfredo.
Tre donne, tre uomini conosciuti un’ora prima (ovvero perfetti sconosciuti), e altri tre incontrati solo per serate unicamente alcoliche. Tre donne e sei uomini si ritrovarono così, ci ritrovammo così a ballare tutta una notte, fino alle 4.30 alla chiusura del locale, a ballare per dimenticare, in quei corpi che ritmicamente si univano e separavano, e si conoscevano, a ballare per imparare, ballare e promettersi che sarà ancora tutto così. Tre ragazze ventenni innamorate dei loro sogni e di nient’altro, orgogliose di chiamarsi donne, egoiste nel pestare malauguratamente piedi altrui; tre uomini in cerca esclusivamente di una sana scopata per coronare un sabato sera; tre meridionali ormai stanchi della solita Gorizia e della squallida Nova Gorica, ma sorridenti nel condividere un cubo o una pista da ballo.
Bella gente. Non ci rivedremo più. Non per serate tanto divertenti. È giusto così probabilmente, è il fascino della prima volta, prossimamente non ci sarebbe più nulla da scoprire nel fondere i nostri corpi in quei volumi assordanti.
Ma Nicola sì, lo rivedrò. Talentuoso ballerino tutto sommato.

lunedì 3 maggio 2010

sick bt smilin...



Costantemente malata. 38° again. C’è veramente qualcosa che non va a quanto pare. Non è normale finire a letto ogni 15 giorni con febbre alta o quant’altro. Per fortuna c’è qualcuno vicino. Sarebbe ora di andare a fare le nanne ti dice, e tu zitta zitta ingurgiterai della Tachipirina che ti potrebbe dare qualche reazione di sfogo anomalo se va come l’anno scorso, ma così la vita non va e non può andare.
Finesettimana fra i più strambi… Arrivare e venir catapultata ad un funerale… Vuillaume senza tastiera, panico e smarrimento, l’umidità fa male anche a lui, tra un po’ raggiungeremo la perfetta simbiosi… ma a differenza di me, lui si è già ripreso… Sabato sera a passeggiare in centro col frat, a mezzanotte a domandarsi come starebbe nostro padre con i capelli tinti e un pizzetto curato, a progettare qualcosa per il futuro, chissà quale, chissà quale… E poi domenica sera, qualche parola, qualche sigaretta, qualche cosa di very demotivational, qualcos’altro…
«Ti amo» «Non si può non soffrire» …se detto in momenti seri ci sarebbe da riflettere sulla tristezza dei casi della vita, ma in questo caso non si può che pernsare: «enjoy Federica by night».
Ah, Fede, visto che il colloquio lo hai fatto e sono certa ad agosto partirai, una sola cosa per la tua coinquilina o ex coinquilina ti chiederò di fare al momento della separazione: promettermi che tornerai. …E facebook naturalmente.

walkin away


Bologna. Ore 2.25 am. Aspettando per un paio d’ore di sigarette e caffè un treno di incerta destinazione e prenotazione. Infine si torna a Gorizia. Una cinese che sputa nel cestino. Un po’ di gente che dorme in sala d’aspetto, un uomo russa pesantemente. Una certa spensieratezza dopo una giornata troppo scazzo, fatta di persone che non si fidano di te perché hai un senso dell’orientamento migliore del loro, e di corse assurde quanto disperate per arrivare a Torino Porta Nuova in tempo.
Ma in tempo per cosa? Per raggiungere un posto prenotato che chissà se esiste ancora, e riuscire a lasciare Torino alla volta del capoluogo isontino e di Trieste..? È finita: finito il workshop, finita l’esperienza fantastica in casa Acmos, finita con Amira Hass e Michelangelo Cocco, finita quella fottutissima sindone, finito l’oratorio di Gesù operaio, finita con Francesco, Eva, Carlotta, Thiago, Cristina, Davide e quanti altri, finiti i gelati Grom e quella panna eccezionale.
È stato bello. Ed è finito. Cosa sia iniziato non lo so. Con il finire della voglia di dormire è iniziata quella di fumare una sigaretta dietro l’altra. Ed è iniziata un po’ di consapevolezza e desiderio di fare qualcosa. Idee comunque poche. As usual, everything’s all right…


È stato tutto così veloce. Un giorno e mezzo per compilare il form, trovare quelle tre maledette e fortunate parole, passione, crescita, …, inviare rapidamente, quasi in ritardo la mail, ricevere una telefonata già inaspettata che ti ha regalato quel sorriso infinito. Infine vai in Senegal, Fede, l’Africa che tanto desideravi l’hai trovata in un bando di volontariato per qualche settimana estiva in quei luglio e agosto torridi che sono insopportabili anche qui.
Sono molto contenta per te, benché disprezzi il volontariato come ben sai, ma quello che in realtà mi sto chiedendo è perché paradossalmente non ho trovato lacrime per piangere quando me lo hai detto mentre molte hanno rigato il mio volto nel venire a conoscenza del fatto che hanno preso la Fra in Erasmus alla Sorbona.
E ci saluteremo per un bel po’… Io sinceramente non me la immagino questa casa senza di te, non me la immagino senza i tuoi infiniti brodini, senza i chili di insalata, senza Jaco, senza le tue truzzate, senza festoni ben organizzati, senza cicchetta insieme, senza the, ovvero senza te. Suonerà sempre irrimediabilmente vuota malgrado tutte le note del mio strumento, malgrado feste, urla, canti, pianti e risate, malgrado chissà chi diamine mi ritroverò nella stanza accanto, chissà con chi cavolo parlerò di tutto e di niente perché non capirà niente, o perché capirà tutto e gli sembrerà niente, chissà chi mi andrà a prendere le medicine quando starò male, chi mi porterà a casa il gelato per cercare di regalarmi un sorriso, chi non perderà mai il coraggio e la disperazione di credere in me, e tenterà ogni volta di infondermi la forza di andare avanti, chi mi tirerà una sberla quando ce ne sarà il bisogno, chissà chi mi vorrà bene…
Chissà…

martedì 6 aprile 2010

Lezioni di tutto


Casa, che brutta cosa… Ormai non sono più parte di questo mondo, e io dico per fortuna. Tornata alle amnesie della vecchia, alla stanchezza di tuo nonno che ha ancora più forza di chiunque altro, ai deliri di tuo zio dopo qualche bicchiere di troppo (per lui ), ai tuoi stralunati cugini, a tua zia paterna che è l’unica forse felice della famiglia. Ma soprattutto alla tua famiglia appunto, fatta di continui litigi per aria fritta, ai discorsi di politica detta da rozzi contadinazzi (nulla contro i rozzi contadinazzi, per carità) che pensano di aver capito il mondo, e come puoi tu dirgli che esso è più grande, molto più grande della provincia in cui sono sempre vissuti? Non si può gettarci un secchio d’acqua fredda in faccia e proferire: “Non hai capito proprio un cazzo di questa vita che ormai stai per concludere, e neanch’io, ma io ho vent’anni, ne ho altri venticinque davanti per provare a fare qualcosa per me e per questo fottutissimo mondo di merda, tu invece ne hai più di cinquanta e non hai più tempo per un cazzo, per una serata in compagnia o cos’altro, ce li hai i soldi sì, o te lo auguro, ma hai buttato via la tua vita senza capire come diamine si vive, e spero di tutto cuore che ti sia servito questo manrovescio che ti ho dato con tutta la forza che ho in corpo, così magari non ti accorgerai soltanto in punto di morte di non aver vissuto…”
Maturi un’insofferenza, disperata quasi, verso quella donna che non fa che parlare perché c’ha la bocca per farlo, ripete tutto quello che dici a condizione che non contraddica quanto dice suo marito, lei che ora ti siede accanto e vuole instaurare un dialogo forzatamente perché di te qualcosa gliene frega in fondo, ma che però ti rinfaccia tutto, che quando le dici: “mi hanno preso per il workshop di Torino!!” ti risponde: ”come lo sai?”, e proprio quella –ti accorgi- è tua madre, cazzo…
E poi c’è lui: tranquillamente legge il giornale, perché anche se la stampa è tutta venduta – così afferma, è da lì che trae la verità da importi e a cui ti devi adeguare se vuoi avere internet per un paio d’ore, non è possibile condurci una discussione interessante e concludente dal momento che, pur dicendosi aperto e “di sinistra”, è la persona più chiusa, tradizionalista e reazionaria che io abbia avuto in sorte di incontrare: mio padre, da cui tuttora dipendo economicamente, ahi lasso…
Poi c’è tuo fratello, che si salva pur con nulla di fatto, pur non facendo nulla, almeno si è in due, come si suol dire: mal comune, mezzo Claudio, o gaudio insomma…

Bene, ed ora pensiamo a cose serie, come comunicare semplici sentimenti di amicizia a una delle persone per cui torni in Veneto ogni tanto…
“Beh, credo di sentirmi di dirti una cosa, senza pretese strambe o bisogno di riconoscimenti reciproci, probabilmente era quello che ti avrei scritto in un ipotetico biglietto di auguri di compleanno che tuttavia non ho trovato allora cuore per farlo. E questa cosa è che ti ammiro un sacco per quello che sei e tutto quello che fai e non fai, e per questo ti auguro il futuro meraviglioso che ti meriti; e poi che ho passato momenti molto belli con te, so quanto significhino e abbiano significato per me caffè, chiacchierate insonni e concerti vari, e di tutto ciò ti ringrazio, anche se credo che l’amicizia non si dica con un grazie… piuttosto, se esiste un modo per dirla a parole, ed ora io ho il cuore di farlo, boh, penso proprio che sia molto semplice… ti voglio bene, Scara. Ecco, tutto qua...”
L’avrò modificata ventimila volte, ma giuro che è la cosa più spontanea e sincera che io possa dire ad una persona veramente fantastica e fantasticamente vera.

26-III-2010


Esigenza spasmodica di scrivere... Ma non di redigere il curriculum per il workshop a Torino, non di prendere appunti, non di stendere un esaminando tema sulle teorie moderne di economie di scala, non di digitare una mail che mai riceverà risposta malgrado le promesse o un sms rompicoglioni…
Semplicemente scrivere una pagina di blog che mai avrà risposta perché non ne chiede: vuole soltanto dire questa insofferenza dovuta non esclusivamente ai troppi caffè e al troppo poco sonno…

Qualcuno che ti dice “ti voglio bene”, qualcun altro che te lo dice per sbaglio, con qualcuno cui tenevi si è rotto qualcosa e sai probabilmente irrimediabilmente…
Una giornata di nuvole grigio chiaro per parlare della seconda scuola di Vienna, ma con la testa a Baudelaire… è sempre lui, maledizione…
Cielo giallo all’orizzonte: un tramonto andato a male…
Il trio Rachmaninoff a fare da melanconica colonna sonora ad un treno stranamente non in ritardo… Probabilità di ottenere quella agognata conversazione colta: zero.

Voglia di morire: zero.
Voglia di vivere: zero.
Voglia di volere: infinito.

Voglia di piangere.
Pensiero ricorrente: Federica, il bene che le voglio. E la gente che passa, i sorrisi forzati, e questo muoversi continuo. Alla ricerca di che cosa?

Che diamine è la legge dell’ortica?

Alla ricerca dell’altro per evadere da noi stessi…
Alla ricerca di noi stessi per evadere dal mondo…
Alla ricerca del Bello per evadere punto…

Toh, forse sta arrivando la primavera… Siamo già in primavera… Ed è invernale, sottilmente subdola, ingenua ma disincantata, come quella trascrizione schoenbergiana del Kayser Quartet di Strauss.

Un anno dopo…




Un’altra festa, questa volta da me, ma senza proseguimento in castello.
Sono sempre io fondamentalmente, con le solite insofferenze e, in qualche istante, un po’ più voglia di cercare.
Con un blog. “Il sogno in una lacrima”. Non c’ho ancora voluto cambiare nome perché mi rispecchia troppo questa condizione.
Appena tornata a casa, purtroppo. Qui c’è sempre qualcosa che non va, qualcosa in più che non va rispetto a Gorizia e Trieste. E probabilmente il peggio è proprio costringersi ad ascoltare James Blunt, e spiare malinconicamente le gocce che cadono sulla terrazza. Anche un anno fa pioveva, e Jim mi sussurrava che “chi odia la pioggia non capisce che essa consente di andare in giro a testa alta pur avendo il volto rigato di lacrime”…

Domande Erasmus a manetta, passaporti da richiedere, una piantina da bagnare, a breve Torino… E tu te ne vai, Fede: si sa che ti prenderanno per l’America, ancora tre mesi di convivenza e poi metterai le ali e scomparirai dalla mia vita per sei mesi (o per sempre..?), già oggi mi è scesa qualche lacrima a pensarci. Non dipendo da te, ma forse una parte della mia felicità sì, un anno dopo, è quel che si dice amicizia...

Eh già, un anno dopo è sentirsi un po’ più vecchi e un po’ più soli, è fare qualche sorriso in più, bere forse un po’ meno… Un anno dopo non è più rimpiangere il passato o lamentarsi del presente: è piangere il futuro.

domenica 14 marzo 2010

maledette idee insonni


Pretenderà di spiegarti il mondo fino in fondo, ti farà sentire un coglione soltanto perché lui ha ragione…
C’è il mondo rinchiuso in queste poche parole che possono raccontare anni di vita, di una persona che non sa parlare, ma semplicemente cantare… E di quella malinconia che è il regalo dell’ultimo bicchiere di vino.
O forse degli esami non dati, delle parti mal studiate, delle attese per treni in ritardo (proprio tu che non hai tempo), di quel tè forte e amaro perché ci hai lasciato il filtro troppo a lungo, di una famiglia che non vedi e non senti perché in definitiva non hai tu stessa voglia di vedere e sentire, di tutti i tuoi sogni di cui vivi e che finiranno per ucciderti… E Baudelaire non a caso diceva che
Un’unica certezza: tutto ciò non è un castigo per aver peccato contro la vita, ma la ricompensa per aver avuto il coraggio di vivere…

Il senso della vita sta in questi calici goriziani, che ti annegano nell’eterno oblio di questa città fantasma, dimenticati dal mondo ma ricordati per sempre. Ricordati per sempre queste serate PRECARIE perché ti sarà difficile rivivere situazioni del genere, e causa il tuo spirito melanconico pensi già alla nostalgia che sentirai tra qualche anno, quando questi pochi attimi ti sembreranno un nonnulla e preferirai magari conservare nel cuore qualcos’altro della vita isontina. Ricordati per sempre di tutta questa gente che hai avuto l’onore di incontrare e scambiarci un paio di parole, te dimenticata un attimo dopo. Ricordati per sempre di chi ha condiviso con te quei momenti e tuttavia non gli hanno significato nulla, e cionondimeno rimarrà pur sempre un buon amico. Ricordati per quante volte invece hai voluto dimenticare, forse sempre forse mai, e invece il tutto è rimasto lì fisso nella tua testa a provocarti quel tedioso fastidio. Ricordati per sempre del tuo confine… e chi sono io? io sono io… o forse, dio..?

martedì 23 febbraio 2010

sapore di sale, sapore di mare... NOTE DI SPENSIERATEZZA SULLE TESE CORDE DELLA VITA

Giornata qualunque nel gridare “viva Trieste, abbasso Gorizia”, nel sognare in quella città multietnica, nel dirsi di rinunciare a tutto il resto per abbracciare quel mondo soltanto.
Provare piacere a muovere aria (e se vibri, ne muovi un po’ di più) e a leggere quattro bandierine su cinque righe, rivendicare in ogni momento l’appartenenza a quella stirpe maledetta discendente da Caino, capire tutto un altro da come sfiora o violenta il suo strumento, cercare e trovare una sinergia ed un’intesa nel contemplare il Bello ed esternarlo, regalarlo e regalarsi a chi si desidera ma per un attimo soltanto perché una nota nell’istante in cui viene prodotta scompare per sempre..: momenti dell’emozionante esperienza musicale di cui, una volta conosciutala, non si potrà più fare a meno.
Poche e piccole cose, forse, ad occhi estranei, in verità un comodo universo parallelo in cui scappare per ritrovare autenticità e sottrarsi a ipocrisie varie ed eventuali. Perché quando la realtà non basta più, non si può che vivere nei sogni, e quindi di essi. E quando mai ci si potrà stancare di una cosa bella e inesistente?

Qualcuno a suo tempo mi disse: “un giorno suonerai nuda davanti a me, ed io scriverò, ispirato dalle tue melodie”… Non era un musicista chiaramente, non sapeva cosa significasse ‘musica’: quando suono, sono sempre nuda, e se sai ascoltare bene, potrai vedere la mia anima… Allo stesso modo in cui fluisce il sangue da una vena tagliata, così, con quell’incedere lento e dilagante, essa fuoriesce da quella del mio violino, e paradossalmente è il corpo ad imporle tale trasmigrazione (che sarà totale soltanto di fronte alla persona cui vorrò regalare la mia vita).
È una decisione il rivelarsi nella propria nudità, sicché non dovrebbe recare vergogna o imbarazzo, ma solamente il piacere di levarsi per qualche felice istante quell’ipocrita velo di Maya che ad oggi avvolge tutto e tutti.

Poi si instaura un rapporto di dipendenza da questa autenticità-evasione, a tal punto che senza essa non riusciresti a vivere. Riusciresti soltanto a campare, che è quel trascorrere giorni piatti proprio di chi è consapevole di non poter più sognare.
Meglio il miele dal retrogusto amaro di chi è condannato a sperare per sempre.

lunedì 1 febbraio 2010

Su un treno d’inverno



Scompartimento seconda classe, Trieste Centrale – Gorizia Centrale, 1-II-2010, ore 16.31.
Sudoku.
Auricolari.
Telefonini.
Un portatile – inevitabilmente Mac.
Qualche agendina – Moleskine e non solo.
Il Manifesto e il Corriere.
Panini alla mortadella.
Esercizi di matemtica.
Parecchie ventiquattrore.
Controllore.
Freddo.
Un uomo apparentemente interessante.
Un punk sfegatato che ascolta musica a tutto volume.
Una donna stanca della giornata e della sua vita.
Finestrino un po’ aperto.
Schienali scomodi.
"Scusi, ma va a Gorizia?" "Certo, scendo lì anch’io.."
Qualcuno dorme.
Porte fuori uso.
Bisogno fisico di nicotina.
Sviscerato amore per Kusturica.
Elegiaco desiderio di toccare l’orizzonte dove mare e cielo si incontrano.


Il socialismo è come l’universo: in espansione. ..fosse vero..

Io non sono una romantica perché non nutro quel desiderio di struggimento infinito che è l’essenza del Romanticismo.


Perché? Fatidica domanda che talora si insinua nella mente dell’uomo, più spesso della donna (e del bambino). A cui si cerca vanamente di dare una risposta, e a cui terribilmente risposta non c’è. C’è soltanto un tè caldo e un appartamento vuoto e freddo ad attenderti. Vuoi capire perché, essere o non essere, essere o avere, capire..

Un paio di mezzi jeans da stirare,
un fiore in bocca,
qualche orecchino,
sul polpaccio tatuato Fidel,
un giglio all’occhiello,
denti da lavare,
alito di caffè,
tanta coca nel sangue,
fra le dita un sigaro.

Vola.
Contro la Thatcher
e Bush svasticato.
Coraggio.
Forza.
Sogno.

Quanto mai avrai.
Perché?

Non te lo meriti.

mercoledì 27 gennaio 2010

Il nodo di Gordio



Cara Friede,
devo assolutamente ringraziarti. Ma non voglio che ciò sia qualcosa di banale, ripetitivo, incagato e incagabile come questo blog. Per ciò scrivo queste poche righe che tu probabilmente non leggerai mai, ispirata da tristi note del buon vecchio (Bonvecio) Battisti (non Cesare eh!)..
Il mio, si sa, è un blog che non ha altre prerogative che salvare quanto sento, compito un tempo affidato alla mia agenda.. Si tratta, appunto, delle solite lamentele che costituiscono il motivo ricorrente delle mie giornate. Ed anche questo grazie sarà dunque una lamentela, benché l’esame sia andato bene: una lamentela da gridare contro questo mondo ingiusto che distribuisce meriti a caso e in cui per fare uno stage da qualche parte devi andare a letto col cinquantenne di turno.
Grazie per tutto quello che hai fatto per me in questi giorni e sempre, sai che quel voto è il risultato di noi due, non di me e basta, forse più di te che di me. Di un po’ di fortuna (anche un po’ più di un po’). E della capacità di sapersela cavare.
Ma è sommamente ingiusto il come è andata. Ti assicuro io che doveva essere il contrario, per quello che avevi studiato e per quello che io non avevo studiato. Per il mio non rinunciare al sabato sera, per il mio ostinarmi a prove varie ed eventuali, per la mia preparazione affrettata..
La provvidenza divina tanto osannata da Manzoni non esiste, e tanto meno dio. Esiste l’uomo e tutta la sfiga che si porta dietro, la sua nuvola di Fantozzi, il mondo di ingiustizia che gli gira attorno e che gira con lui.
Senza volerti ricordare il fatto, senza enfatizzare tutte queste componenti che, certo, potrebbero farti male, con una parola soltanto,
Grazie

lunedì 25 gennaio 2010


Incomunicabilità. Di fondo. Sostanziale. Quella in cui ti dici: “ma che ci faccio io, qui, ora..?” Quella per cui ti rispondi: ”proprio un bel niente..” Siamo veramente mere maschere, dietro le quali non sta nulla. Ci accorgiamo del tempo che passa soltanto nel notare che ora è diverso. Baratro, l’abisso di distanza incolmabile, e inutile parlare se non si ha nulla da dire e dirsi – nemmeno a se stessi..
Poi ci si accende una sigaretta, l’axis mundi.. e che hai capito? Che quelle faccette le vedi soltanto tu.. Che hai sognato non per una notte, ma per anni interi, per tutta una vita forse.. Non è vero che ieri era oggi e oggi è già domani: perché esiste solo l’oggi, l’istante passato nel momento in cui l’hai concepito e vissuto, e qualche granello di zucchero di canna ancora in gola ad aumentare le possibilità di diabete.. E la sambuca, quasi nauseante, a berla da sola, dopo che il tuo fegato ne ha sopportata veramente troppa.. Ma tu sei contenta così, ti sei fatta bastare quegli attimi.
Il signore degli anelli, il Femminile in Sauron, il percorso ascetico di Frodo, gli eoni e Sophia, un filosofo politico nazista, tante seghe della Bella Addormentata nel Bosco, altrettanti cannoni.. Ma niente di che.. Ogni volta la solita tristezza e amarezza che ti piomba addosso nel vedere gli altri felici e tu sempre più vecchia, in quelle strade perse che nessuno sa apprezzare perché nessuno le ha capite, in quel bicchiere di vino rosso per rimembrar i bei tempi dell’osteria e delle carte, in quel polso scalfito che si ricorda di tutto..
Sono le tre e mezza del mattino e domani (biologicamente dopodomani) hai un esame: che stai ancora qui a perdere tempo e ad annegarti nell’alcool? Ti manca qualcosa, indubbiamente.. O forse qualcuno.. Chissà..
Vale assolutamente di più la bellezza fisica.
No, vale assolutamente di più quel vomito autentico in Ema, ti fa capire che esisti proprio su questo pianeta di ladri e assassini, e persone vere..
Va a dormire, va, ché ti piace sognare ad occhi chiusi più che ad occhi aperti: i tuoi sogni strambi di stanotte non li potrà mai cancellare nessuno e si avvereranno una volta per sempre, grazie a quel tuo amico dal dolce nome di Morfeo..

mercoledì 20 gennaio 2010

muro contro muro


Gentilissimo, a parte il fatto che, malgrado Le possa aver dato l’impressione di aver seguito la Sua lezione-seminario di oggi, ho passato tutto il tempo a decorare il mio quaderno con il monotono sottofondo di euro regioni e GECT, mi trovo costretta a rivedere le mie posizioni in merito alla mia personale opinione sul Suo conto. E non perché io sia più lunatica di Lei, chiariamoci, ma perché ogni volta c’è qualcosa che non va, e se a fronte di certi altri aspetti veramente apprezzabili mi ero fatta certe convinzioni, ad oggi il punto di non ritorno è superato. Il sacrificio della patria è consumato.
Mi aveva quasi persuaso del fatto che in questa vita bisogna sapersi vendere, e ormai avevo fatto mio questo motto. Ma c’è un limite a tutto. Vendersi per me, comunque, non ha mai significato mancare intenzionalmente di qualità in forza di altri aspetti. Vendersi era integrare argutamente conoscenze, competenze e abilità sociali, di presentazione generale per così dire..
Un invito così caloroso e fermo ad un pseudo gruppo di studio, sinceramente non fascista, sulle Foibe come tentativo di snazionalizzazione, non si può che rifiutare. Rifiutare per dimostrarLe, Gentilissimo, che in questa fottutissima società c’è ancora qualcuno che prova schifo e ribrezzo per la vita, per i meccanismi che regolano il mondo di cui fa parte. Rifiutare per ricordarLe, Gentilissimo, che partecipare al seminario Suo e di “Ezio” non significa ipso facto essere dei leccaculo privi di qualsiasi tipo di orgoglio. Rifiutare per chiarirLe, Gentilissimo, che il rapporto docente-studente non è improntato su viscidi e sgradevoli piaceri reciproci o semplicemente unilaterali. Rifiutare per farLe presente, Gentilissimo, che lo sguardo disgustato che Le ho rivolto a fine lezione e che Lei ha ben notato era una delle cose più sincere che io abbia mai fatto, insieme ai pochi “ti voglio bene” che ho detto in questi anni di esistenza insulsa. Spero Lei l’abbia apprezzata, quell’occhiata sprezzante.
..E questo smile che ho appena apposto a questo sms è certamente nel novero delle cose più ipocrite. Ma la vita è così, non sempre si può scegliere se essere un Mib in Lab maggiore o in Do minore.. Ed ora io lo sono in Do minore. Cosa c’è di più vero di questo..?
Eh, beh, alla fine ci sei arrivata no?! È un po’ tardi però.. Sconsolante. Abbasso la vita, viva l’obitorio. ERRATA CORRIGE: abbasso chi non sa vivere, viva la sua tomba. Anch’io credo non vi risponderò più al telefono viste le premesse. Grazie padre. Ecco, a te non ho mai detto un “ti voglio bene”. E va bene così..
Toh, una lacrima.. È salata: sarà opportuno mescerla col mio sangue amaro che non piace alle zanzare..

sabato 16 gennaio 2010

Per quelli a cui basta un abbraccio e una sigaretta..


Dopo qualche mail un po’ incerta, che stupore, Maestro, incontrarla fuori dal Tartini.. Qualche chiacchera con anche Silvia, Eva e Marta.. Il no al caffè col M° Procaccioli, in onore delle sue “donne”, di cui qualcuna è recentemente divenuta maggiorenne.. E poi una sigaretta insieme, a parlare di musica, di università, di vita, di tutto.. Il suo pentimento di essersene andato e il suo ritornare il prossimo anno forse, quando sarà troppo tardi, perché sarà comunque un anno in meno.. Il mio inevitabile ritardo a storia della musica.. E come si potrebbe non tardare per trattenersi nel rivedere un insegnante così, che si ricorda e ci tiene in qualche modo.. Quell’abbraccio che mi ha dato appena mi ha vista - e alle altre no (ha fatto un po’ strano anche a me), lo scuotere la testa nel notare la sigaretta sottile fra le dita di Eva, e un sorriso (un po’ amaro forse) a scorgere la mia, stretta fra le labbra come a volerne aspirare qualche istante di vita..
Era la prima quella, e poi un’altra.. Tutto quel fumo a ricordare quelle durante l’anno, prima di ogni lezione, e tanti bei ricordi del nostro cosiddetto “pollaio”.. Le domande insulse di qualcuno, la sua assenza all’esame, tante note, tanti ascolti, tante successioni, tante discussioni insieme per lasciarci aporetici dubbi musicali da risolvere da soli, perché alla fine il tutto deve servire a crescere e a cavarsela da soli.. Insomma tanta musica.. E che cos’è un ricordo: qualcosa che conserveremo in eterno o qualcosa che abbiamo perso per sempre? ..Con un po’ di tristezza, perché si sa, noi siamo impossibili, ci si incontra per caso, e per caso ci si lascia, un po’ più leggeri e un po’ più boh.. un po’ meno soli forse..
E l’ultimo abbraccio, forte, intenso, sembrava non volermi lasciar andare, o forse volevamo semplicemente assicurarci di ricordare quell’attimo nelle prossime infinite settimane in cui non avremo alcuna possibilità di incrociarci nei corridoi del conservatorio.. Quell’abbraccio vero.. E io che all’inizio l’avevo tacciata di ipocrisia, in nome di quello sputare condanne da cui sono così caratterizzata.. Quell’abbraccio di cui non mi potevo che stupire, Maestro.. Chi l’avrebbe mai detto che poche parole e qualche mail sincera sarebbero bastate a unire persone tanto diverse (per età, esperienze e quant’altro).. O forse è stato quell’abbraccio a farlo.. E quel sussurro: “basta cuori spezzati in due”.. nel dissidio tra università e conservatorio.. Ebbene, se lei crede che non sia quello che mi merito, ecco, le assicuro io che invece è veramente quello che mi merito, il minimo per quello che faccio e che non faccio.. Di qualcuno che creda in me, non è esattamente quello di cui ho bisogno.. Non so neanch’io di cosa ho bisogno, Maestro..
Sì, “Maestro” e nient’altro, perché è questo che lei rimarrà sempre per me.. Maestro di armonia, di musica, e anche un po’ di vita nel senso più triste e vero della parola.. Chapeau..

mercoledì 13 gennaio 2010

riflessioni irriflesse


Sprofondare.. Perdersi in un respiro preso sul serio o preso per gioco.. Mentre l’anima trova conforto in qualche realtà alternativa, musicalmente De Andrè.. E il destino tracciato davanti ai piedi, difficile come una lama che intaglia carne umana.. La sconfitta accanto, facile come la pioggia che leva il dolore dal cuore e le lacrime dagli occhi.. Intrappolata dai e nei sogni che, fatti a pezzetti, si allontano col vento privo di direzione.. irrecuperabili come un sorriso vero.. Una ciocca di capelli per quello che è stato, una sigaretta che si consuma velocemente come il tempo e la vita, qualche bella frasetta a mettere tristezza a questi giorni fin troppo pieni ma in sostanza vuoti.. E una nuvola di dubbi a seguirti come un’ombra nell’inferno che visiti..
Megalomani i napoletani.. E scambiarsi qualche canzone e qualche sito porno.. Parole leggere, parole pesanti, niente coesione, nulla da risolvere, nulla da sognare, un po’ da studiare, un po’ da dimagrire, tanto e forse troppo da vivere quando se ne ha ben poca voglia.. Che fine avrà mai fatto tuo fratello, su una strada a voler osservare da vicino le Michelin delle auto in corsa..? Si sarà giocato l’unica possibilità che ha di inventare qualcosa, abbracciando il nero nulla dell’ignoto..? Una lacrima cerca di rigarti il volto, ma l’attimo è già passato.. Chissà se sua morosa l’avrà chiamato perché in fondo, se non lo ama, perlomeno gli vuole bene.. Silenzio stampa da tutti. Non ti è dato sapere nulla. Esisti solo quando sai qualcosa in più, quando devi aiutare a raccontare balle in giro, quando ci sei per una chattata su facebook, quando hai le sigarette slovene da offrire, quando paghi da bere..
Capisco come qualcuno creda in dio: è bello sentirsi due occhi che ti seguono da vicino.. Acquisisce tutto uno scopo,con quegli occhi.. Ma se hai sufficiente forza e debolezza, quegli occhi non ti servono, ti bastano i tuoi a condannarti.. Quanto hai sbagliato, quanto, mentre essi erano accecati dall’euforia del sogno, dalla signora Libertà, dalla Noia di vivere o dalla Rabbia di morire..? No, forse è meglio non saperlo, fa troppo male.. ammettere di essere un po’ falliti.. E adesso hai voglia di annegare lo sguardo dei tuoi occhi inquisitori nel mare infinito, darli in pasto alle onde spumose, e sentire la sabbia che ti scivola fra le dita e torna a far parte del tutto.. Ecco, quella manciata di sabbia è la tua vita, ora non la distingui più da quelle degli altri, uguali e banali come te per la maggioranza.. Guarda, però, quel granello era proprio questo istante, quello un ottimo bicchiere di vino bevuto in buona compagnia, e quello lì la prima volta che hai fatto all’amore.. Particolari dimenticabili su una spiaggia affollata, e dimenticati non appena con la notte salirà la marea.. Ecco cosa siamo.

martedì 5 gennaio 2010

Io non sono una principessa, e questa non è una favola…


Certe volte nella vita capita di rimanerci male vedendo deluse le aspettative che ci si era costruiti… Talvolta magari si ha solo il presentimento, non la palese certezza, che non sia andata come si avrebbe voluto, ma quello basta a regalare attimi di amarezza – più amari di quel caffè non zuccherato e accompagnato da un bicchiere d’acqua che hai bevuto in meridione…
Puoi stringerti i palmi fino a farli sanguinare, spaccarti le mani contro un muro per sentirti ancora viva, puoi correre in macchina a 220 all’ora rischiando tutto, puoi svuotare una bottiglia di Ballantine’s per avvertire l’ebbrezza della vita, puoi lasciarti una cicatrice indelebile sul polso sinistro per veder colare il tuo sangue e ricordare per sempre quell’istante… e poi? … tanto alla fine di ciò che resta se non tu e il tuo dolore… Chi l’ha causato – se è stato qualcuno a causarlo, invece, è già altrove.
Può essere stata una persona a te cara, o qualcuno con cui speravi di poter costruire qualcosa un giorno, poco importa: quella speranza-sogno-illusione persa è un po’ di te che se ne va per sempre. Alcuni credono che sia stupido pensare di volare: tu li hai odiati e compianti, costoro, fino a poco fa. Ma ora la credi anche tu tale assurdità.
Chissà quando tornerai alla vita di sempre… Chissà quando sarai nuovamente un legionario della vita, pronto a tutto per ciò in cui crede… Chissà quando smetterai di ritrovarti nuda di fronte ad uno specchio e mai alla persona giusta… Chissà quando non avrai più niente da dire su fottute pagine di diario e riprenderai a sognare punto…
Fino ad allora troppe lacrime righeranno quel tuo viso… E vivrai perché devi farlo, ma non ne sei capace.